La malattia polichistica renale non è semplicemente un problema ai reni. È una condizione ereditaria che trasforma gli organi in sacchi pieni di liquido, lentamente distruggendo la loro funzione. Se hai una storia familiare di insufficienza renale o hai avuto ipertensione precoce senza motivo apparente, potresti essere più vicino a questa diagnosi di quanto pensi. Circa 1 persona ogni 400-1.000 nel mondo ha la forma più comune, l’ADPKD. In Italia, si stima che siano decine di migliaia le persone affette, molte delle quali ancora non sanno di esserlo.
Cosa succede nei reni?
Nella malattia polichistica renale, le cellule dei tubuli renali smettono di svilupparsi normalmente. Invece di formare strutture compatte per filtrare il sangue, iniziano a creare cisti - piccole sacche piene di liquido. All’inizio sono poche e invisibili. Con il tempo, però, crescono. Non solo aumentano di numero, ma anche di dimensione. Un rene sano pesa circa 150 grammi. In un paziente con ADPKD avanzato, può arrivare a pesare fino a 3 chili. Queste cisti comprimono il tessuto renale sano, riducono il flusso di sangue e impediscono al rene di funzionare. Alla fine, i reni non riescono più a purificare il sangue. È questo il cammino verso l’insufficienza renale.
Due tipi, due percorsi diversi
Non esiste una sola forma di malattia polichistica renale. Ce ne sono due principali, con origini genetiche completamente diverse.
ADPKD (Polichistica Renale Autosomica Dominante) è la versione più comune, responsabile di oltre il 98% dei casi. Si trasmette da un solo genitore affetto. Basta una copia mutata del gene PKD1 (78% dei casi) o PKD2 (15%) perché la malattia si manifesti. Se tuo padre o tua madre l’hanno, hai il 50% di probabilità di ereditare la mutazione. Spesso i sintomi appaiono tra i 30 e i 40 anni: ipertensione, dolore lombare, sangue nelle urine. Ma alcuni pazienti sviluppano complicanze già in età infantile. Il gene PKD1 causa una forma più aggressiva: chi lo ha tende a raggiungere l’insufficienza renale prima di chi ha PKD2.
ARPKD (Polichistica Renale Autosomica Recessiva) è rara: colpisce circa 1 persona ogni 20.000. Per manifestarsi, serve una copia mutata del gene PKHD1 da entrambi i genitori. Se entrambi sono portatori sani (cioè hanno una copia mutata ma non sono malati), ogni figlio ha il 25% di probabilità di sviluppare la malattia. Questa forma si vede quasi sempre alla nascita o nei primi anni di vita. I neonati possono avere reni enormi, problemi respiratori e ipertensione severa. Molti bambini con ARPKD necessitano di dialisi già nei primi mesi di vita.
Diagnosi: quando e come si scopre?
La diagnosi non è sempre immediata. Molti pazienti passano anni con ipertensione, dolori o sangue nelle urine senza sapere la causa. Ecco cosa cercano i medici:
- Ecografia renale: il primo esame. In un adulto con storia familiare, la presenza di almeno 10 cisti a 30-39 anni è un segno chiaro di ADPKD.
- RM o TC: usati quando l’ecografia non è chiara o si vuole misurare la crescita delle cisti nel tempo.
- Test genetico: ormai accessibile a circa 1.200 euro. Utile per confermare la diagnosi in casi atipici, per la pianificazione familiare o per identificare la mutazione precisa (PKD1 vs PKD2).
- Analisi della funzione renale: la clearance di creatinina e l’eGFR (tasso di filtrazione glomerulare stimato) vengono controllati almeno una volta l’anno. Se scende sotto 60 mL/min, gli esami diventano trimestrali.
Un paziente di Udine, 38 anni, ha scoperto di avere ADPKD dopo un controllo di routine per un’ipertensione persistente. Aveva un padre con insufficienza renale a 52 anni. L’ecografia ha mostrato 15 cisti su entrambi i reni. Senza quel controllo, avrebbe potuto aspettare altri 5-7 anni prima di capire cosa gli stava succedendo.
Gestione: cosa puoi fare oggi?
Non c’è ancora una cura. Ma puoi rallentare la malattia. E molto.
Controllo della pressione è la prima linea di difesa. L’obiettivo non è 140/90, ma meno di 130/80 mmHg. Alcuni studi dimostrano che portarla a 110/75 può ridurre la crescita delle cisti del 14%. I farmaci più usati sono gli ACE-inibitori o gli ARB. Non sono solo per la pressione: proteggono i reni direttamente.
Tolvaptan (Jynarque) è l’unico farmaco approvato in Italia e negli USA per rallentare la progressione dell’ADPKD. Funziona bloccando un ormone che stimola la crescita delle cisti. Lo prendi due volte al giorno. Non è economico: circa 115.000 euro l’anno. Ma per chi ha una forma rapida - misurata da crescita delle cisti o calo rapido dell’eGFR - può aggiungere anni di funzione renale. Non è per tutti: serve una valutazione specialistica.
Stile di vita conta più di quanto pensi. Evita il sale: più ne mangi, più la pressione sale. Bevi molta acqua: studi suggeriscono che un’idratazione costante può ridurre la produzione di cisti. Non fumare: il fumo accelera il danno renale. Mantieni un peso sano: l’obesità aumenta la pressione sui reni. E fai attività fisica regolare: camminare 30 minuti al giorno migliora la circolazione e riduce lo stress.
Complicanze e sintomi che non puoi ignorare
La malattia non si limita ai reni. Le cisti possono crescere anche nel fegato, nel pancreas, nel cervello. Ecco i problemi più comuni:
- Dolore: il più frequente. Il 78% dei pazienti lo riporta come sintomo principale. Può essere costante o a crisi, spesso dovuto a cisti infette o emorragiche.
- Ipertensione: presente nel 90% dei casi prima che la funzione renale peggiori. È la prima spia.
- Infezioni urinarie: più frequenti e più difficili da curare.
- Cisti epatiche: non danneggiano il fegato, ma possono farlo ingrandire, causando senso di pienezza o dolore.
- Valvole cardiache anomale: in particolare la valvola mitrale, che può causare rigurgito.
- Aneurismi cerebrali: rari, ma potenzialmente mortali. Se hai una storia familiare di emorragie cerebrali, il medico potrebbe consigliare una risonanza magnetica del cervello.
Una paziente di 42 anni, con ADPKD da 15 anni, ha raccontato su un forum: “Ho avuto un’emorragia in una cisti renale che mi ha fatto stare in ospedale per una settimana. Non sapevo che potesse succedere. Ora faccio controlli ogni 6 mesi e bevo 3 litri di acqua al giorno. È la mia routine.”
Cosa succede quando i reni smettono di funzionare?
La buona notizia: non tutti arrivano qui. La cattiva: chi ci arriva, ha bisogno di un intervento.
Il 50% dei pazienti con ADPKD sviluppa insufficienza renale entro i 60 anni. Per chi ha PKD1, la media è intorno ai 54 anni. Per PKD2, intorno ai 74. La dialisi diventa necessaria quando l’eGFR scende sotto 15. Può essere emodialisi (3 volte a settimana in ospedale) o peritoneale (a casa, ogni giorno).
Il trapianto renale è la soluzione migliore. I risultati sono eccellenti: il 90% dei reni trapiantati funziona ancora dopo 5 anni. Ma c’è una lista d’attesa: 3-5 anni in Italia, a seconda del gruppo sanguigno. Mentre aspetti, la dialisi ti tiene in vita. Ma non ti fa vivere bene. Il trapianto restituisce libertà, energia, qualità di vita.
La ricerca va avanti
La scienza non si è fermata. Nel 2018, tolvaptan è stato il primo farmaco a dimostrare di poter rallentare la malattia. Oggi ci sono nuove speranze:
- Lixivaptan: simile a tolvaptan, ma con meno effetti collaterali. I risultati della fase 3 sono attesi nel 2024.
- Bardoxolone methyl: ha mostrato un miglioramento dell’eGFR del 4,9 mL/min in 48 settimane in uno studio pilota.
- Terapie geniche e cellule staminali: ancora in laboratorio, ma con potenziale enorme.
La ricerca non cerca solo un farmaco. Cerca di capire perché due persone con la stessa mutazione hanno percorsi così diversi. Forse altri geni, lo stile di vita, l’ambiente: tutto conta.
Non sei solo
La malattia polichistica renale può essere isolante. Ma non lo sei. In Italia, ci sono gruppi di sostegno, associazioni, forum online. Il 63% dei pazienti riporta ansia per il futuro. Ma il 42% di chi ha iniziato il controllo della pressione prima dei 30 anni ha mantenuto una funzione renale stabile a 45 anni. C’è speranza. Non è una cura. Ma è un futuro più lungo, più sano, più controllato.
La malattia polichistica renale si può prevenire?
No, non si può prevenire se hai la mutazione genetica. Ma puoi prevenire le complicanze. Controllare la pressione, bere acqua, non fumare, evitare il sale e fare controlli regolari rallentano molto la progressione. Chi agisce presto vive più a lungo senza dialisi.
Se ho ADPKD, i miei figli la erediteranno?
Sì, se hai ADPKD, ogni tuo figlio ha il 50% di probabilità di ereditare la mutazione. Non è garantito, ma è alto. Puoi fare un test genetico preimpianto se stai pensando a una gravidanza. Oppure un test prenatali. Parlane con un genetista.
L’ADPKD è più grave del PKD2?
Sì. Chi ha la mutazione PKD1 ha una forma più aggressiva. La funzione renale cala più in fretta e l’insufficienza arriva in media 20 anni prima rispetto a chi ha PKD2. Questo influenza le scelte terapeutiche e il monitoraggio.
Il tolvaptan fa bene a tutti?
No. È indicato solo per chi ha una forma a rapida progressione, confermata da esami. Ha effetti collaterali: sete intensa, urinazione frequente, danni epatici in rari casi. Non si prende per prevenire, ma per rallentare quando la malattia è già in corsa.
Posso vivere una vita normale con ADPKD?
Assolutamente sì. Molti pazienti lavorano, viaggiano, fanno sport, hanno famiglie. La chiave è il controllo costante. Non è una condanna. È una condizione che richiede attenzione, ma non blocca la vita. Chi la gestisce bene vive fino a 80 anni o più senza dialisi.
Cosa succede se non faccio controlli?
La malattia progredisce in silenzio. Senza controlli, non sai quanto velocemente le cisti crescono. L’ipertensione diventa resistente. Il dolore aumenta. E quando arriva l’insufficienza, è troppo tardi per scegliere. Il trapianto richiede tempo. Se non sei preparato, finisci in dialisi d’urgenza, con meno opzioni e più rischi.