Cause delle carenze di farmaci generici: problemi di produzione e catena di approvvigionamento

Pubblicato da Jacopo Martinelli
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Cause delle carenze di farmaci generici: problemi di produzione e catena di approvvigionamento

Da anni, i farmaci generici stanno scomparendo dagli scaffali delle farmacie e dagli ospedali, senza avvisi, senza spiegazioni. Non si tratta di un problema occasionale: è un collasso sistemico. Nel 2020, negli Stati Uniti, oltre 300 farmaci essenziali sono entrati in carenza. Tra questi, antibiotici, anestetici, chemioterapici e sali minerali per via endovenosa. E la maggior parte di questi farmaci sono generici: economici, affidabili, usati da milioni di persone ogni giorno. Ma ora, anche quelli non sono più disponibili. Perché? La risposta non sta nel mancato consumo, ma nella struttura stessa della produzione e della distribuzione.

La produzione è fragile perché è troppo economica

I farmaci generici costano poco perché i produttori devono competere su prezzi bassissimi. Mentre un farmaco di marca può generare margini del 30-40%, un generico spesso rende meno del 15%. In un mercato così compresso, chi riesce a produrre al minor costo vince. E questo significa tagliare ovunque: manutenzione degli impianti, controlli di qualità, riserve di materie prime. Quando un impianto di produzione ha un guasto, una contaminazione o non supera un ispezione della FDA, la produzione si ferma. E non c’è un piano B. Perché non esiste un surplus di capacità. Tutti i produttori operano al limite, con zero riserve. Un singolo impianto può produrre decine di farmaci diversi. Se quell’impianto chiude, quei farmaci scompaiono da tutto il paese.

La catena di approvvigionamento è globale, ma concentrata in due paesi

Oggi, l’80% delle materie prime attive (API) per i farmaci generici viene prodotto in Cina e India. Questi paesi hanno costruito un’industria farmaceutica efficiente e a basso costo. Ma questa efficienza ha un prezzo: vulnerabilità. Se un tornado colpisce una fabbrica in India, se la Cina impone nuove restrizioni ambientali, se un porto si blocca per un problema logistico, tutto il sistema ne risente. E non c’è alternativa. Gli Stati Uniti hanno chiuso la maggior parte dei loro impianti di produzione di API negli ultimi 30 anni. Non ci sono più fabbriche di scorta. Non ci sono più fornitori locali. E quando un singolo produttore di API smette di fornire un componente, non c’è nessun altro che possa sostituirlo in tempi brevi. La catena è lunga, fragile e senza alternative.

Un solo fornitore per farmaci essenziali

Uno su cinque dei farmaci in carenza è prodotto da un’unica azienda. Non ci sono concorrenti. Non ci sono copie. Non ci sono alternative. Questo accade perché, dopo anni di concorrenza sui prezzi, solo pochi produttori rimangono sul mercato. Le aziende più piccole hanno chiuso. I nuovi entranti non arrivano, perché non conviene. Investire in un impianto per produrre un farmaco che rende il 10% di margine è un rischio troppo grande. Così, un solo stabilimento in Malesia o in Pakistan diventa l’unico fornitore mondiale di un antibiotico usato in ospedale ogni giorno. Se quel stabilimento ha un problema, il farmaco scompare. E non c’è modo di sostituirlo in tempi ragionevoli.

Una catena globale di cristalli farmaceutici che si rompe tra fabbriche in Cina e India, sotto una tempesta logistica.

Le grandi aziende di distribuzione controllano il mercato

Negli Stati Uniti, tre aziende - chiamate PBMs (Pharmacy Benefit Managers) - controllano l’85% di tutti i farmaci prescritti. Queste aziende decidono quali farmaci le farmacie possono vendere, a quale prezzo, e a chi. E lo fanno per massimizzare i profitti, non per garantire la disponibilità. Perché un farmaco generico costa meno, le PBMs lo preferiscono. Ma poi, spingono i produttori a ridurre i prezzi ancora di più. E quando i produttori non riescono più a coprire i costi di produzione, smettono di produrlo. Così, il sistema crea un circolo vizioso: più basso è il prezzo, meno si produce. E quando la produzione cala, la carenza diventa cronica. Le PBMs non sono obbligate a dire perché scelgono un farmaco piuttosto che un altro. Non devono spiegare perché un farmaco in scorta viene escluso dai listini, mentre uno in carenza viene promosso.

La mancanza di trasparenza rende tutto peggio

Un quarto delle carenze di farmaci negli Stati Uniti non hanno mai una spiegazione ufficiale. Gli ospedali chiamano i distributori, i distributori chiamano i produttori, e la risposta è sempre la stessa: “Non possiamo dirti perché non ce n’è”. Non ci sono registri pubblici. Non ci sono tempi di risposta garantiti. Non ci sono piani di emergenza. I farmacisti passano metà della loro giornata a cercare alternative, a chiamare altri ospedali, a chiedere scorte da altri stati. E i pazienti? Sono i primi a subire le conseguenze. Un paziente con cancro può dover aspettare settimane per un chemioterapico. Un bambino con un’infezione può ricevere un antibiotico meno efficace. Una persona con ipertensione può dover cambiare farmaco, con rischi imprevedibili.

Un farmacista tiene un unico flacone mentre pazienti tendono le mani verso di esso, circondati da figure corporate.

Perché il Canada riesce meglio

Il Canada ha lo stesso problema: farmaci generici, stessa produzione globale, stessi fornitori. Ma le carenze sono meno frequenti e meno gravi. Perché? Perché il sistema è diverso. In Canada, i governi, gli ospedali, i produttori e i distributori lavorano insieme. C’è un fondo nazionale per le scorte strategiche. Quando un farmaco scarseggia, lo si acquista in anticipo. C’è trasparenza: tutti sanno cosa manca e perché. Non c’è una corsa al ribasso dei prezzi controllata da poche aziende. E quando un produttore ha un problema, c’è un piano di emergenza condiviso. Negli Stati Uniti, invece, ogni attore agisce per sé. I produttori cercano di guadagnare di più. Le PBMs cercano di pagare di meno. Gli ospedali cercano di non spendere. E nessuno si prende la responsabilità di garantire la continuità.

Le soluzioni esistono, ma non vengono applicate

Nel 2023, negli Stati Uniti è stata presentata una legge chiamata RAPID Reserve Act. Prevede la creazione di riserve strategiche per i farmaci essenziali, incentivi per produrre in patria e sanzioni per chi nasconde le carenze. Ma la legge è bloccata in Congresso. L’F.T.C. ha iniziato un’indagine sulle PBMs, ma non ha ancora imposto sanzioni. L’Associazione dei Farmacisti ha chiesto di non escludere farmaci in scorta dai listini per favorire quelli in carenza - una pratica assurda che peggiora il problema. Ma nessuno cambia le regole. Perché? Perché il sistema funziona per qualcuno. Per le grandi aziende che guadagnano su ogni transazione. Per i gestori che tagliano costi. Per i produttori che puntano sulle economie di scala. Ma non funziona per i pazienti. E non funziona per i medici che devono scegliere tra un farmaco che non c’è e un’alternativa che potrebbe non funzionare.

Cosa può fare un paziente

Non c’è molto che un singolo paziente possa fare. Ma ci sono passi concreti. Se il tuo farmaco è in carenza, chiedi al tuo medico di contattare il tuo ospedale o la farmacia per verificare se esiste un’alternativa approvata. Non accettare sostituzioni senza consultare un professionista. Tieni traccia dei farmaci che ti servono e chiedi informazioni in anticipo. Se il tuo farmaco è stato rimosso dal listino senza motivo, segnala il problema all’agenzia sanitaria locale. Non è una battaglia da combattere da soli, ma è una battaglia che va combattuta. Perché i farmaci generici non sono un lusso. Sono la base della sanità pubblica. E quando scompaiono, tutti ne pagano il prezzo.